“L'anno prossimo sarà la mia 18ª stagione da professionista. È tanto tempo se ci penso, tempo dedicato interamente alla mia vita da atleta. Ora sono pronta a vivere nella mia zona di comfort”.
Lizzie Deignan fa un respiro profondo prima di confidarmi che il 2025 sarà il suo ultimo anno da ciclista professionista. Parliamo via Zoom, con una connessione instabile che però non riesce a offuscare la determinazione e la serenità nella sua voce mentre mi spiega le ragioni del ritiro, una decisione maturata con riflessione e consapevolezza.
“Vorrei fare un giro in bici senza preoccuparmi della fatica” ammette. “Questa è la realtà di essere un’atleta professionista, e credo che sia difficile da comprendere per chi non l’ha vissuta. A volte la gente mi chiede perché mai dovrei ritirarmi, perché è un lavoro straordinario, e lo è davvero. Ma non è una passeggiata. È implacabile. È fatica quotidiana”.
L’annuncio della britannica mi coglie di sorpresa e probabilmente sarà inatteso per molti. Deignan è ancora al vertice della sua carriera: nel 2024 ha svolto un ruolo cruciale nella Lidl-Trek, si è classificata 12ª alle Olimpiadi, 3ª ai Campionati nazionali e ha lottato per le vittorie di tappa al Women’s Tour of Britain. Tuttavia, dopo aver conquistato titoli come il Campionato del Mondo, il Giro delle Fiandre, la Strade Bianche, la Parigi-Roubaix Femmes, il Trofeo Binda e la Liegi-Bastogne-Liegi Femmes, non trova più stimolante competere per la top 10.
“Ci sono state occasioni quest’anno in cui avrei potuto ottenere buoni risultati, ma arrivare tra le prime cinque o dieci in una gara che ho già vinto non è più abbastanza per me”, confessa.
Lizzie Deignan riesce a individuare con precisione il momento in cui ha capito che il suo capitolo da ciclista professionista stava per chiudersi: una notte di pioggia e vento a Glasgow, lo scorso gennaio, tra un volo cancellato e una lunga notte insonne.
“Stavo tornando a casa da un training camp quando il mio volo, diretto a Leeds, è stato cancellato e deviato invece su Glasgow. Sono atterrata in pieno ciclone e sono arrivata a casa alle cinque del mattino”, ricorda. “I bambini si sono svegliati alle sette e sono tornata subito alla routine quotidiana. In quel momento ho pensato: Sto davvero spingendo troppo oltre i miei limiti. Cerco di essere la miglior atleta, la miglior madre, la miglior moglie possibile, ma non mi resta più niente. Non posso continuare così”.
Sebbene il ruolo di madre sia uno dei fattori che hanno contribuito alla sua decisione, Deignan è chiara: la famiglia non è il motivo principale del suo ritiro. A 35 anni, è una sensazione più profonda, quasi “interiore”, che le ha fatto capire che il momento di allontanarsi dalle gare era arrivato.
“Penso che sarebbe facile dare la colpa ai bambini”, ammette ridendo. “Sarebbe una scusa perfetta. Ma la verità è che, se avessi ancora una voglia irrefrenabile di vincere, riusciremmo a far funzionare tutto come famiglia. Ma non è così. È strano: per 18 anni la mia identità è stata quella di una persona disposta a spingersi sempre oltre, a fare qualunque sacrificio per migliorarsi, e ora mi rendo conto che non voglio più farlo. Non sento più il bisogno di lottare per l’eccellenza. Ho raggiunto il mio limite in questo sport, ho dato tutto quello che potevo. Ora è tempo di voltare pagina”.
Riflettendo sul passato, Deignan spiega come, al culmine della sua carriera, gli sforzi per diventare campionessa del mondo o vincere le grandi classiche non le sembrassero mai dei sacrifici. Ma negli ultimi anni, quella sensazione è cambiata.
“Prima non li vivevo come sacrifici, ma ora iniziano a pesare”, continua. “Parliamo di dettagli minimi, di percentuali, ma sono proprio quei dettagli a fare la differenza tra essere una brava atleta ed essere la migliore al mondo. La disciplina mi ha sempre portata avanti, e posso ancora migliorarmi, ma sarei ipocrita a non ammettere che oggi è più difficile farlo. La voglia di vincere non è più quella di una volta”.
Lizzie Deignan confessa di aver considerato il ritiro già alla fine di quest'anno, ma ha trovato nuova motivazione nel ruolo che ha assunto all’interno della Lidl-Trek. Questo è il motivo per cui continuerà a gareggiare fino alla fine della prossima stagione. Dal 2024 Deignan ha invece incarnato il ruolo di capitano della strada, guidando le giovani atlete e supportando figure chiave come Gaia Realini. La sua capacità di adattarsi al ruolo di gregaria, nonostante il suo straordinario palmarès, è una dimostrazione del suo carattere.
“Ho iniziato come gregaria, e mi sono fatta strada fino alla vetta. Non ho un ego che mi ostacoli. Non ho problemi a essere una gregaria. Il ciclismo è uno sport di squadra, e ognuno ha un ruolo prezioso per motivi diversi. Sono felice di contribuire alla squadra in modo diverso”, spiega. “Essere capitano o aiutare le più giovani è qualcosa che mi motiva. Anche se non sento più l’impulso di vincere certe gare, sono assolutamente motivata a vedere altre donne realizzare il loro potenziale. È un bel modo di concludere la mia carriera”.
Non si può negare l’impatto che Lizzie Deignan ha avuto sulle attuali e future generazioni di cicliste. Ha aperto una strada quando è tornata alle corse dopo aver partorito la sua prima figlia, Orla, vincendo la Parigi-Roubaix Femmes. È diventata una voce importante per il congedo di maternità e l’uguaglianza nello sport. Negli ultimi anni, il ciclismo femminile ha vissuto una trasformazione, e Deignan è stata una figura cruciale in questo cambiamento.
“Sono cresciuta in una famiglia di femministe, quindi per me è sempre stato naturale prendere decisioni basate su ciò che era meglio per me, senza farmi influenzare dal mio genere”, racconta. “Devo molto alla mia famiglia per avermi dato questa consapevolezza”.
Riflettendo sulle sue scelte, Deignan spiega come la decisione di mettere su famiglia non fosse mirata a cambiare il ciclismo, ma che l’impatto positivo è stato una conseguenza naturale.
“Quando ho deciso di avere figli, non l’ho fatto per cambiare le cose nel ciclismo: è stato un gesto egoistico ed emotivo”, ammette con modestia. “Ma, guardando indietro, sono orgogliosa di essermi fatta valere. Sapevo di meritare di più di ciò che mi veniva offerto quando sono rimasta incinta, e sono contenta di aver spinto per ottenere ciò che mi spettava. L’impatto che ha avuto su altre persone è un grande motivo di soddisfazione”.
Nonostante la sua modestia, Deignan riconosce di essere stata testimone e protagonista di enormi cambiamenti nel ciclismo femminile. Ricorda con gratitudine le donne che l’hanno preceduta e che hanno spianato la strada per l’uguaglianza.
“Quando ho iniziato, guadagnavo solo 200 euro al mese. Chi lavorava nel ciclismo femminile a quei tempi lo faceva per pura passione. Ho imparato tanto da persone oneste e dedite, e queste esperienze sono state preziose. Devo molto a quelle donne che hanno lottato per l’uguaglianza che abbiamo oggi. Non siamo ancora al 100%, ma il cambiamento rispetto ai miei inizi è enorme”, riflette. “Ora mi trovo in uno degli sport più professionale e riesco a vivere di questo. È un privilegio che molte sportive ancora non hanno. C’è stato un tempo in cui non guadagnavo nulla e mi affidavo ai favori, ma ora siamo in un'altra dimensione”.
Ripensando ai suoi inizi, Deignan fatica a credere quanto siano cambiate le cose. Ricorda con orgoglio il suo titolo mondiale su strada del 2015 a Richmond, conquistato con uno sprint perfetto davanti ad Anna van der Breggen. Per lei, quello è stato l’apice della carriera, ottenuto però senza il supporto strutturato che le atlete hanno oggi.
“Ricordo il ‘Progetto Cav’ a Copenaghen, quando Mark Cavendish vinse il Mondiale del 2011. Aveva un’intera squadra costruita attorno a lui. Io, invece, a Richmond avevo il ‘Progetto Lizzie’, ma ero sola”, riflette Deignan. “Guardando indietro, penso: avevo 25 anni, ero la favorita e sono riuscita a vincere. Mi chiedo: chi era quella persona? Sono così orgogliosa di quel giorno”.
La carriera di Lizzie Deignan è straordinaria, non solo per i successi, ma anche per la sua durata: sei anni dopo aver conquistato il titolo mondiale, ha trionfato nell’edizione inaugurale della Parigi-Roubaix Femmes. Mantenersi al vertice in uno sport in continua evoluzione è un'impresa che poche atlete possono vantare, ed è ciò che ha reso Deignan un nome di riferimento nello sport femminile. Lei stessa riconosce come la crescente copertura televisiva delle gare abbia amplificato la sua notorietà e contribuito alla crescita del ciclismo femminile.
“La Roubaix è stata una delle prime gare che il pubblico ha potuto seguire in modo completo, il che è stato un po' frustrante per me”, racconta. “Avevo vinto anche il Giro delle Fiandre e la Strade Bianche, ma di quelle gare c’erano solo brevi highlights. È incredibile come la Roubaix sia rimasta così impressa nella memoria collettiva solo perché la gente ha potuto guardarla. Fortunatamente, non siamo più tornati indietro, e quella gara è stata un punto di svolta per il nostro sport”.
“Ricordo quando ho tagliato il traguardo: è stato come un’esplosione. È stato incredibile. Quel giorno mi hanno contattato amici che non avevano mai mostrato interesse per il ciclismo. Ho passato la notte al telefono fino alle quattro del mattino per rispondere a tutti. Quando mi sono svegliata per la partenza della Roubaix, non avrei mai immaginato le 24 ore che mi aspettavano”.
Deignan considera la copertura completa delle gare un elemento essenziale per la crescita del ciclismo femminile. Crede che raccontare le storie di questo sport, dalle rivalità alle amicizie, sia fondamentale per attrarre e fidelizzare i fan. È convinta che potrà continuare a sostenere questo sviluppo anche dopo il ritiro. Grata a chi l’ha supportata durante la sua carriera, sente il desiderio di restituire qualcosa alla prossima generazione.
“Mi sento pronta per affrontare qualcosa di nuovo”, confessa. “Amo far parte di una squadra e credo che continuerò in questa direzione. Mi piace vedere le persone crescere e adoro tirare fuori il meglio da loro. Lavorare con le giovani mi ha fatto notare quanto la fiducia in se stesse sia spesso carente. Aiutare a costruire quella fiducia è qualcosa che mi sta molto a cuore. Non so ancora come, ma penso che il mio futuro sarà legato a questo, forse lavorando con le donne nello sport”.
Deignan scherza sul fatto che, ogni giorno, discute con il marito Phil nuove idee su cosa fare dopo il ritiro, al punto che lui fatica a stare al passo con i suoi progetti. Con un’ultima stagione di gare prevista per il 2025, Lizzie guarda già con entusiasmo al futuro. Dopo 18 anni trascorsi nel ciclismo, è consapevole che questo sport ha plasmato la sua identità, ma vede il ritiro non come una fine, bensì come un nuovo inizio.
“Conosco le sfide che mi aspettano, ma sento che il prossimo capitolo è pronto per essere scritto, e questo mi entusiasma,” conclude. “Mi mancherà la routine quotidiana, ma sono certa che sarò proattiva nel trovare nuovi obiettivi e progetti. So che ci saranno momenti nostalgici, ma sono curiosa di scoprire chi sono senza la bici”.