Tour de France non mi lasciare

Tour de France non mi lasciare

Autore: Emilio Previtali

È una sensazione complessa da mettere a fuoco: c'è sempre un po’ di malinconia quando il Tour de France arriva a Parigi, e poi finisce. La percezione è un po’ quella di restare orfani di qualcosa. Non della corsa in sé magari, delle tappe o dello spettacolo che ci arriva a dosi quotidiane per tre settimane attraverso lo schermo della TV, ma piuttosto delle abitudini che ciascuno di noi ci costruisce intorno. Il Tour de France ha a che fare con il ciclismo e ci entusiasma non tanto perché a disputarlo ci sono i migliori corridori del mondo, ma perché è uno degli eventi dell’anno che ha a che fare con i rituali. I nostri ovviamente, ognuno ha i propri.

Accade anche con i campionati del mondo di calcio. Gli ultimi si sono disputati alla fine dell’anno, a dicembre, in Quatar ed è stato sorprendente accorgersi che anche se non c’erano l’estate, il caldo, le finestre aperte, le cene al ristorante in piazza o a qualche sagra paesana, anche se non c’erano i rituali dell’estate a cui siamo abituati, i mondiali di calcio restano pur sempre i mondiali di calcio. Con il Tour de France, succede esattamente la stessa cosa. Il Tour, i mondiali di calcio, le Olimpiadi non sono quello che sono: sono come ci sentiamo noi in quei giorni e in quelle settimane, che sono diverse da tutte le altre. Il Tour sembra messo lì apposta a fare da giro di boa dell’anno in corso. 

A essere speciale durante il Tour de France è il modo diverso che abbiamo di affrontare la giornata, di lavorare, di attendere il pomeriggio o la sera, di leggere il giornale, di dialogare con gli amici al bar o sul divano di casa. Il Tour è quella cosa che succede ogni anno che segna un prima e un dopo nel nostro calendario. È il turning point delle nostre aspirazioni, un momento importante per capire se rispetto agli obiettivi che ci siamo dati per la fine dell’anno, siamo a buon punto oppure no. Avete notato anche voi che le giornate hanno già cominciato ad accorciarsi? Fino a l’altro ieri nessuno ci aveva fatto caso.

Ieri Tom Pidcock, che era arrivato al Tour con qualche timida ambizione di classifica e che oggi chiuderà la corsa tredicesimo in classifica generale, ha detto in un’intervista una cosa molto interessante. Ha spiegato, riferendosi anche alle cose dette da Matej Mohorič nella intervista TV de l’altro ieri, che ha colpito lui e molti di noi, che il Tour è una gara durissima. Non parlava di percorso, di ritmo di corsa, di watt, di capacità organica di affrontare le salite, le tappe e le giornate di gara, ma di sensazione. Di mente. Di come un corridore si sente in quelle tre settimane. Il Tour de France, anche per un corridore a quanto pare, non è il Tour de France. È come si sente lui durante il Tour de France, proprio come accade a noi tifosi e appassionati .

Immagine: Zac Williams/SWpix.com

"Certe volte qui al Tour la gara è così dura che pensi di non riuscire nemmeno a tenere le ruote di quelli che hai davanti”, ha spiegato Pidcock al microfono. “Pensi che ti staccherai e resterai indietro, tutti gli altri corridori qui sono così bravi e preparati e forti, che ti sembra impossibile poter essere migliore di loro. È crudele. È inevitabile restare indietro, certe volte. A quel punto non ci sono più secondi, distacchi, attacchi da fare o da neutralizzare, c’è solo la sensazione che non saper tenere il ritmo e che non ce la farai. Il Tour de France è qualcosa che avviene nella tua mente, non succede in classifica e non dentro a un cronometro. Il Tour è come ti senti tu per tre settimane”. Il Tour de France a quanto pare è come-ci-si-sente non soltanto per noi, ma anche per i corridori.

Annemiek Van Vleuten, 2022 Tour De France Femmes Avec Zwift -Immagine: Zac Williams/SWpix.com

A mitigare questa sensazione di estate che se ne va via inesorabilmente lasciandoci indietro con i nostri pensieri inizierà oggi il Tour de France Femme, una corsa che l’anno scorso alla sua prima edizione si è rivelata entusiasmante e bellissima. Seguitela, se potete, non soltanto perché è divertente e perché le ragazze sono fortissime, ma perché un’altra settimana ancora di Tour de France renderà meno crudele il ritorno alla normalità fatta di ferie troppo brevi ad agosto, ritorno allo stress a settembre, ottobre e novembre senza un giorno extra di vacanza e poi dicembre con Natale e capodanno. E poi tutto da capo, di nuovo. Un altro anno è andato.

Tour de France, ti prego, non lasciarmi qui così, senza di te. 

Autore: Emilio Previtali

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