Il Tour de France di quest’anno ha in programma otto tappe potenzialmente adatte ai velocisti. Sono distribuite in modo leggermente diverso rispetto agli anni passati e questo è un bene per lo spettacolo. Ci sono stati degli inizi di Tour con i primi dieci giorni consecutivi di sonnolenza e calma piatta e invece in questi ultimi anni i fuochi d’artificio, cominciano subito. Ne abbiamo avuto la prova nelle prime due tappe nei Paesi Baschi dove UAE-Emirates e Jumbo-Visma con Tadej Pogačar e Jonas Vingegaard hanno già messo le carte in tavola e dato una fisionomia alla corsa.
Ieri si è disputata la prima tappa per velocisti, vinta da Jasper Philipsen della Alpecin-Deuceunink, il corridore al momento più veloce in gruppo davanti a Phil Bauhaus della Bahrain - Victorious e a Caleb Ewan della Lotto Dstny, terzo. Sesto classificato il velocista che tutti attendono, quello per cui ogni vero appassionato di ciclismo non può non fare il tifo: Mark Cavendish.
Cavendish, che fu lasciato a casa nel 2022 dalla sua ex squadra e che corre adesso per la Astana Qazaqstan, ha vinto nel 2021 a 36 anni la bellezza di quattro tappe, aggiudicandosi la maglia verde e portando a 34 il suo totale di vittorie di tappa. Queste ultimi quattro successi lo hanno portato a eguagliare il record di vittorie al Tour del leggendario Eddy Merckx, che sembrava imbattibile. In questi giorni non si fa altro che parlare della possibilità per lui di 'battere il record di Eddy Merckx', cosa che Cavendish ha già spiegato più di una volta di sentir dire con un po’ di fastidio. “Il punto è che quello che voglio battere non è il record di Merckx, ma è il nostro record, perché io l’ho già eguagliato”, ha provato a spiegare alcune volte ai giornalisti.
Padre di cinque figli e grande appassionato di enigmistica, in particolare di sudoku, Mark Cavendish è un individuo molto complesso. Viene descritto come generoso, spiritoso e simpatico ma anche come lunatico, brusco e talvolta impaziente. In realtà è probabilmente soltanto una persona che è arrivata a soffrire di depressione e ha imparato a sue spese a proteggersi e a difendersi.
Immaginate che ogni giorno durante un grande giro ci siano almeno tre o quattro giornalisti che ti chiedono di analizzare nel dettaglio tutto quello che hai fatto in gara o quello che hai pensato e in fin dei conti quindi, la tua personalità. “Sono delle specie di sedute psicoanalitiche. Chiunque ne uscirebbe pazzo”, si difende. “Analizzare tutto in dettaglio non è una cosa facile o normale da fare. A volte nelle interviste devo dimenticarmi di essere un essere umano. Descrivo continuamente le mie azioni e il motivo per cui ho fatto qualcosa, facendolo con cura e andando nei dettagli, ma per il mio interlocutore non sembra mai essere abbastanza. È qualcosa che a lungo andare ti sfinisce”. Dopo 16 anni da velocista nel WorldTour la parte più difficile del suo lavoro non sono più le salite e le grandi montagne da scavalcare in bici, ma le interviste.
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Oltre a 34 vittorie al Tour de France, Mark Cavendish ne ha collezionate 17 anche al Giro d’Italia, l’ultima quest’anno nella tappa finale a Roma. Il pubblico italiano l’ha sostenuto e festeggiato più di ogni altro velocista. Tutti i tifosi sembrano fare il tifo per lui non soltanto nel momento della vittoria ma anche e soprattutto sulle salite dove soffre e transita in coda al gruppo, sempre attento a non sforare il tempo massimo. Il sogno per tutti noi appassionati, come in un film, sarebbe quello di vederlo concludere la carriera nello stesso modo del Giro d’Italia, con un trionfo finale sui Champs-Élysées e battendo questo benedetto record di 34 vittorie che non è il record di Merckx - ripetiamolo ancora una volta tutti insieme - ma è il suo record, e anche quello di Merckx.
Andata la prima, mancano ancora sette tappe per i velocisti. Chi lo sa, magari Cavendish riuscirà a vincere anche più di una tappa, come ha fatto altre volte. “Io sono qui per vincere e ci proverò ogni giorno. Oggi i miei compagni di squadra hanno fatto un grande lavoro e ci riproveremo”, ha detto ieri. Vincere ancora una volta al Tour sarebbe un sogno ma quello che più conta per noi tifosi è vedere un atleta di 38 anni che tutti davano per finito già nel 2008 e nel 2021, essere qui ancora a giocarsi le sue carte.
Dovremmo clonarlo Mark Cavendish e portarlo in giro nelle scuole per far capire che la cosa che conta non è soltanto vincere, ma continuare a provarci sempre, senza arrendersi mai. La battaglia per la vittoria quasi sempre è più interessante della vittoria stessa.