Mathieu van der Poel marcia verso l’immortalità: “Ci saranno sempre dei vuoti che vorresti colmare”.

Autore: Chris Marshall-Bell Immagini: Swpix.com

Quando stai inseguendo la terza titolo consecutiva alla Parigi-Roubaix, hai già vinto tutte le Classiche di primavera – sul pavé, nelle Ardenne e in Italia – tranne due (Gent-Wevelgem, 2° nel 2024; e Liegi-Bastogne-Liegi, 3° nel 2024), e hai ormai chiuso per sempre il dibattito su chi sia il migliore tra te e il tuo grande rivale – sei Monumento a uno; nove titoli mondiali a tre – cos’altro ti resta davvero da conquistare? Hai indossato la maglia gialla al Tour de France, hai ottenuto lo status di GOAT nel ciclocross massacrando senza pietà i tuoi avversari per un decennio, e di recente hai imposto la tua legge anche su una nuova disciplina (gravel), perché padroneggi tutte le biciclette – passate, presenti e future – e nessun altro è autorizzato a provarne lo stesso piacere. Come diavolo puoi ancora migliorare il tuo palmarès?

Mathieu van der Poel ha una risposta, perché lui ce l’ha sempre.
“Alla fine, ci saranno sempre dei vuoti che vorresti colmare”, dice, sei settimane dopo l’inizio della sua stagione 2025, che già conta otto vittorie.

Quel vuoto, quella piccola macchia nel suo palmarès – così la vive lui – non riguarda la strada, né il ciclocross o il gravel, ma la mountain bike, la sua altra grande passione. L’unica disciplina che, anziché ricambiare i suoi flirt occasionali, l’ha respinto, punendolo per la sua dedizione agli altri terreni.

Il 2025, spera, sarà l’anno in cui riuscirà finalmente a conquistare la maglia iridata nella MTB, diventando campione del mondo in una quarta disciplina.
“L’ho detto più volte: la mountain bike è qualcosa che voglio spuntare. È davvero una gara che mi piacerebbe vincere. Per il resto, non mi interessa più di tanto”, spiega.

“Penso che questo sia l’anno perfetto per prepararmi al meglio per la mountain bike. Vincere il Mondiale sarebbe davvero speciale. Sarebbe l’ultimo tassello della mia carriera, per me stesso”.

Anche l’età – ha appena compiuto 30 anni – è stata un fattore decisivo: “Questo è il punto principale, soprattutto perché forse questo è il momento giusto per provare a diventare campione del mondo nei miei anni migliori”.

La conseguenza di questa scelta è che Van der Poel non sarà ai Mondiali su strada a Kigali, in Ruanda, a fine settembre: “Il Mondiale su strada non è qualcosa che voglio fare”.

E, a dirla tutta, non è mai stato davvero un’opzione: “Non ci ho pensato a lungo, perché mi è stato subito chiaro che non era qualcosa per me. È anche in altura, che per me è sempre complicato, e poi il percorso che hanno presentato non credo sia adatto a darmi una reale possibilità di vincere”.

Prima di salire in sella alla sua Canyon più massiccia e infangata, però, Mathieu van der Poel resta, nel frattempo, un corridore su strada.
Questa primavera potrebbe firmare la terza vittoria consecutiva della Alpecin-Deceuninck alla Milano-Sanremo, diventare il primatista assoluto di successi al Giro delle Fiandre con quattro titoli, e completare una storica tripletta alla Parigi-Roubaix, un’impresa riuscita solo due volte nella storia e che manca dai tempi di Francesco Moser, nel 1980.

“Penso sia realistico, sì”, dice a proposito delle sue possibilità nell’Inferno del Nord, “ma Roubaix è una corsa particolare. Ovviamente, avere buone gambe è la prima cosa, ma per vincere qui serve anche un pizzico di fortuna”.

La buona sorte spesso ha voltato le spalle al suo eterno rivale Wout van Aert, ma raramente a lui.

E, per Van Aert e per tutti gli altri “sconfitti” abituali di Van der Poel, c’è un’altra notizia poco rassicurante: l’olandese è convinto di non essere mai stato così bene fisicamente, finalmente libero da quei problemi alla schiena che in passato lo avevano tormentato.
“Ho alle spalle alcuni buoni anni e continuo a sentirmi in forma”, aggiunge. “Anche in allenamento non ho l’impressione che la schiena stia peggiorando”.

Mentalmente, poi, è più libero che mai: “Penso che ormai sia un po’ più facile per me fare le scelte giuste. Ho anche meno stress nell’avvicinarmi alle gare. L’ho detto anche prima dei Mondiali di ciclocross (a inizio febbraio): non credo di essermi mai preparato a un Mondiale con così tanta serenità. E poi non avevo nulla da guadagnare, solo da perdere, quindi vincerlo è stato ancora più bello”.

La motivazione, nonostante abbia praticamente conquistato tutto ciò che era alla sua portata in ogni disciplina, non è certo un problema: “Abbastanza alta”, così definisce il suo livello di motivazione. “Correre è ancora divertente, soprattutto perché ti rendi conto che sta per finire, e quindi è ancora più bello godersi ogni cosa”.

Dopo le Classiche, sarà il momento del Tour de France. In un primo momento aveva pensato di saltarlo, dichiarando a dicembre all’emittente belga Sporza che “è una corsa che non mi piace molto”, ma alla fine ci sarà. Sarà al fianco di Jasper Philipsen nella caccia alla vittoria nella tappa d’apertura a Lille e poi proverà anche a cercare successi personali.
“Spero di fare meglio dell’anno scorso”, dice. “Ho sicuramente dei bei ricordi del Tour, soprattutto il primo (quando vinse una tappa e indossò la maglia gialla per sei giorni). Non è che non mi piaccia il Tour, ma forse ci sono altre corse che mi piacciono di più. È normale, penso che ogni corridore abbia le sue gare preferite, ma sono sempre molto motivato quando cerco di vincere al Tour. Ho vinto solo una tappa finora, quindi spero di aggiungerne un’altra quest’anno”.

La stagione, però, ruota principalmente attorno alla mountain bike.
Vincere il Mondiale e unirsi a Pauline Ferrand-Prévot e Marianne Vos come campione del mondo in quattro discipline diverse significherebbe entrare definitivamente nell’immortalità del ciclismo.

Ma non si fermerà lì. Ha lasciato intendere che in futuro potrebbe puntare anche alla Vuelta a España come nuovo obiettivo a lungo termine, oltre a inseguire altri successi di primavera.
“Nei prossimi anni il focus sarà principalmente sulla strada e sulle Classiche. Se sarò ancora in salute e continuerò a divertirmi in bici, perché dovrei smettere?”.

Autore: Chris Marshall-Bell Immagini: Swpix.com

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