“Non so niente. Non ho visto niente. Qui non c’è connessione internet”, ha detto con una scrollata di spalle Mat Hayman, direttore sportivo del Team Jayco-Alula, mentre si trovava davanti a un gruppo di giornalisti curiosi di sapere cosa fosse accaduto durante la terza tappa del Tour Down Under 2025. La giornata si era conclusa in modo inaspettato: ciò che ci si aspettava fosse uno scontro diretto per la classifica generale si è rivelato uno stallo tra i favoriti della vigilia. Nonostante l’entusiasmo iniziale per l’inclusione di Knotts Hill nel percorso della corsa per la prima volta, la salita non ha prodotto i tanto attesi fuochi d’artificio. Un bel gruppo è arrivato compatto verso il traguardo di Uraidla, dove un attacco audace e strategico di Javier Romo, della Movistar, gli ha permesso di conquistare una sorprendente vittoria di tappa e la maglia di leader della corsa.
Rimangono molti interrogativi per i direttori sportivi presenti in gara, perché Romo, in teoria, non avrebbe dovuto vincere in quel modo. La sua mossa è stata coraggiosa e rischiosa, ma a cinque chilometri dall’arrivo, con soli cinque secondi di vantaggio sul gruppo inseguitore, un’azione decisa avrebbe potuto facilmente riportare il corridore spagnolo nel gruppo. La situazione diventa ancora più enigmatica osservando gli inseguitori: Lidl-Trek aveva cinque corridori a disposizione e un promettente velocista come Albert Withen Philipsen, l'UAE Team Emirates poteva contare su Jay Vine e su un Jhonatan Narváez in gran forma, mentre il Team Jayco-Alula, diretto da Hayman, aveva le carte Luke Plapp e Chris Harper. Dove hanno sbagliato i favoriti della vigilia, perchè si sono fatti sfuggire la vittoria di tappa? La risposta, secondo alcuni, è da cercare nelle radioline – o meglio, nella loro assenza.
Luke Plapp dopo aver concluso la terza tappa del Tour Down Under (Immagine: Zac Williams/SWpix.com)
Hayman lo ha sottolineato nella sua prima risposta: non c’era segnale nella piccola località di Uraidla, tra le colline di Adelaide nel Sud Australia. Circondata da alberi di eucalipto e con il solo sottofondo della fauna locale, la conclusione della terza tappa del Tour Down Under ha tolto una cosa ormai cruciale per il ciclismo professionistico moderno: la tecnologia.
Un esempio emblematico è quello della Lidl-Trek: pur avendo cinque corridori nel gruppo di testa, nessuno di loro si è portato davanti per inseguire Romo, nonostante il velocista Philipsen abbia poi concluso al quarto posto – un chiaro segnale che avrebbe avuto buone possibilità di vincere la tappa. Secondo la squadra, le comunicazioni del direttore sportivo Kim Andersen non sono state ricevute dai corridori tramite le radioline, a causa della mancanza di segnale. Nemmeno i corridori stessi sono riusciti a organizzarsi per tirare davanti.
“Come sapete, non abbiamo visto nulla da dietro, ma i ragazzi mi hanno detto che hanno commesso un errore”, ha dichiarato Andersen al termine della gara. “Il piano era che avremmo dovuto muoverci, perché avevamo cinque uomini che avrebbero potuto lavorare, ma non l’hanno fatto. È andata così, ne discuteremo. Non possiamo ignorarlo: abbiamo perso per cinque secondi con cinque uomini lì. Non so spiegarlo, devo vedere in TV cosa è successo”.
Un Philipsen sconsolato, intervistato dopo la tappa, non ha dato la colpa diretta alle radioline, ma ha ammesso che, col senno di poi, è stato difficile organizzarsi nel caos di un finale veloce e in discesa: “Penso che avrei potuto fare di più. Avevamo tanti uomini della squadra, ma il finale era piuttosto frenetico e difficile da gestire, quindi questa volta non ci siamo riusciti. Era complicato capire cosa fare, quindi non abbiamo ottenuto il risultato che speravamo”, ha dichiarato il corridore danese.
Mentre l'UAE Emirates ha attribuito la mancanza di coesione al problema tecnico di Vine, che ha forato negli ultimi chilometri e non è riuscito a tirare per aiutare Narváez (giunto secondo dietro Romo), la terza tappa del Tour Down Under solleva interrogativi interessanti all’inizio di questa stagione. I corridori stanno diventando troppo dipendenti dalle istruzioni provenienti dall’ammiraglia? È accettabile che il segnale radio possa influire così tanto sul fatto che una squadra tiri o meno, quando ci sono cinque uomini in un gruppo d’inseguimento? Non dovrebbe essere meglio per i corridori agire in base al loro istinto?
Javier Romo festeggia dopo aver vinto la terza tappa del Tour Down Under 2025 (Immagine: Zac Williams/SWpix.com)
Se c’è un esempio lampante di quanto correre seguendo l’istinto, più che le istruzioni, sia una componente cruciale del ciclismo, è il trionfo di Javier Romo nella terza tappa. Anche il corridore della Movistar ha avuto problemi con la radiolina e ha percorso le curve e i saliscendi delle colline di Adelaide senza alcun supporto tecnologico. Come ha dichiarato dopo la vittoria, però, il ciclismo non deve necessariamente essere così complicato.
“La mia squadra aveva molta fiducia in me. Hanno lavorato bene per aiutarmi con il posizionamento, e nel finale avevo buone gambe. Ho provato e tutto è andato alla perfezione,” ha raccontato il corridore spagnolo con un sorriso. “Ho avuto problemi con la radiolina, l’auricolare non funzionava, quindi ho semplicemente spinto fino alla fine. A volte è meglio non avere informazioni.”
È vero che i rivali di Romo hanno tutti una spiegazione diversa sul motivo per cui il corridore della Movistar sia riuscito a resistere al gruppo inseguitore, composto da alcuni dei migliori ciclisti del WorldTour, conquistando così la sua prima vittoria nella massima categoria. C’è chi incolpa la mancanza di comunicazione, chi una foratura, chi le radioline, ma Romo ha dimostrato che nulla è più importante della capacità di leggere una corsa. Mantenere la calma nei momenti decisivi è fondamentale per vincere: tattica e mentalità contano quanto i watt. È proprio ciò che Romo ha saputo mettere in campo mentre gli altri no, e per questo merita la vittoria.
“Sì, è una bella vittoria per la Movistar e per Romo,” ha commentato Hayman con una scrollata di spalle. “Bisogna cogliere le occasioni quando si presentano, tanto di cappello a loro.”