Ieri a Imola per i Campionati del Mondo di Ciclismo UCI si è disputata la gara individuale a cronometro della categoria donne, la nostra Vittoria Bussi ha centrato la top ten classificandosi al 10° posto, arrivato dopo il 5° posto dell'Europeo di Plouay, in Francia. Un altro ottimo risultato. Venticinquesimo posto per l'altra azzurra, la giovane e promettente Vittoria Guazzini. È stata una gara dai contenuti tecnici interessantissimi, la vittoria dopo la caduta della favorita, l'americana Chloe Dygert che era in testa alla gara è andata alla olandese Anna Van der Breggen che ha coperto i 31,7 km del percorso alla media di 47,154 km/h.
Come quasi sempre accade oggi giornali on line e social media, ma anche ieri i telegiornali sportivi, dedicano gran parte delle immagini alla brutta caduta di Chloe Dygert (che sta bene) mettendo la cronaca della gara, le prestazioni delle altre atlete e i contenuti tecnici in secondo piano. Si ritiene che la caduta, avvenuta in una curva ad alta velocità sia dovuta alla perdita di pressione dello pneumatico anteriore. Chloe, campionessa mondiale in carica, una delle migliori specialiste delle gare a cronometro in circolazione, medaglia d'argento nell'inseguimento a squadre ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016 e vincitrice di cinque titoli mondiali su pista, due nell'inseguimento individuale e tre nell'inseguimento a squadre, ha tentato inutilmente di correggere la traiettoria, senza riuscire però a evitare il peggio.
Oggi le immagini del suo volo oltre il guard-rail hanno ricevuto migliaia di condivisioni e ingolfato il web e lo stesso hanno fatto i commenti sarcastici da parte di molti ciclisti maschi che, dall'alto dell'appartenenza al genere che presumono dominante, si sono permessi di ironizzare sulla scelta di Chloe Dygert di mantenersi in posizione aerodinamica sulla prolunga anziché posizionare le mani in basso sul manubrio.
È davvero fastidioso il tono di sufficienza con cui abbastanza spesso alcuni uomini guardano al ciclismo femminile dall'alto in basso, come se si trattasse di qualcosa di minore e secondario. Come se fosse scontato che anche l'ultimo panzuto e fuori forma dei ciclo-amatori di sesso maschile dovesse essere necessariamente più forte organicamente e più capace di guidare una bicicletta da cronometro, rispetto a una ciclista di sesso femminile. Come se queste donne non fossero atlete ma semplicemente "femmine", da relegare nell'angolo di colore delle conversazioni o delle pagine dei giornali che parlano di sport.
Forse in molti non se ne sono accorti ma il ciclismo sta cambiando perché è il mondo che sta cambiando. Serve più responsabilità e rispetto, più apertura mentale.
Oltre a questo: non condividete le imagini delle brutte cadute degli atleti, maschi o femmine che siano, se non è strettamente necessario o se non siete addetti ai lavori nel campo della informazione. Non date modo a nessuno di speculare con le immagini o con la sofferenza degli atleti.
E siate cauti con i commenti delle gare femminili, chiedetevi prima di scrivere e condividere il vostro pensiero con sufficienza o sarcasmo, come se fosse verità certa ed assoluta, se avete mai fatto viaggiare una bicicletta da cronometro a 48,007 km/h per un ora come sa fare la nostra Vittoria Bussi ad esempio, detentrice del record dell'ora su pista femminile.
Siate cauti sempre e tutto andrà bene. O perlomeno risulterete simpatici anche a gente che in bici va più spesso e più forte di voi.
Soprattutto se invece che di uomini, si tratta di donne.
Photo ©Imola-er2020
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