Estratto dell'articolo pubblicato su Rouleur Italia 23 - Numeri - disponibile su abbonamento qui
Ci vogliono circa quattro secondi per bere un sorso di caffè, controllare una notifica sul telefono o infilare una fetta di pane nel tostapane. Quattromila millisecondi. 1,1 millesimi (ricorrenti) di ora. È con questo margine che, quest’anno, Kasia Niewiadoma ha conquistato la maglia gialla al Tour de France Femmes
“A volte guardo Tay e gli dico: 'Oh cavolo, abbiamo vinto il fottuto Tour de France!'”, ride Kasia Niewiadoma, seduta su una sedia nello studio d'arte del marito Taylor Phinney, appena fuori Girona, la capitale mondiale del ciclismo. È una giornata calda e soleggiata, e Kasia indossa jeans, sandali e una camicia larga e leggera. Phinney mette musica dalla sua consolle da DJ al centro dello spazio luminoso e bianco. Tra il ritmo della musica, i colori vivaci delle tele e il tepore del sole pomeridiano, l'atmosfera sembra vibrante di energia.
Questo è il dono di Kasia Niewiadoma. Con il suo sorriso ampio e accogliente, il suo modo di fare aperto e loquace, riesce a infondere energia agli spazi che occupa. Nonostante la vittoria al Tour de France, un momento che ha segnato la sua carriera solo pochi mesi fa, e nonostante le numerose interviste e richieste dei media, Kasia mi racconta la corsa con un entusiasmo contagioso e una tale generosità che quasi mi fa credere di essere la prima a sentire queste storie.
"È stato super impegnativo", racconta Niewiadoma parlando delle settimane subito dopo la fine del Tour de France Femmes. "Credo che sia stato un po' difficile essere sempre disponibile per tutti, quando a volte l'unica cosa che volevo fare era scomparire". Tornata in Polonia, ha vissuto un'esperienza che definisce molto interessante. "Ho avuto una festa di benvenuto incredibile nella piccola città da cui provengo, nel sud della Polonia. C'è un gruppo locale di persone chiamato Górale, ed è stato come se volessero ricordarmi le mie radici". I Górale sono noti per la loro lealtà verso amici e famiglia, il coraggio e la resilienza di fronte alle difficoltà. Proteggono le foreste e la fauna nei loro paesaggi montani e si distinguono per le missioni di salvataggio dei turisti dispersi. Non è difficile vedere come la cultura in cui Niewiadoma è cresciuta abbia contribuito a formare la persona che è oggi.
"Mi piace dedicare energia e tempo agli altri, ma ho anche bisogno di momenti per me stessa, per rilassarmi", ammette Niewiadoma. "L'intero Tour è stato davvero impegnativo, pieno di persone e situazioni, e sentivo di avere bisogno di un po' di tranquillità, ma quel momento non è mai arrivato. Forse, in un certo senso, questa è stata una sfida per me, perché amo l'equilibrio". Riflettendo sulle sue radici culturali, Kasia aggiunge: "Ho una sorta di sindrome della 'ragazza polacca gentile'. Ci hanno sempre insegnato a dire di sì, a non contraddire, soprattutto una persona più grande di te. Devi essere rispettosa e non pensare troppo ai tuoi bisogni. È qualcosa con cui mi scontro ancora oggi".
Quando Niewiadoma fatica a conciliare l'immagine che le è stata trasmessa durante l'infanzia con quella in cui si riconosce oggi, la bicicletta diventa per lei un rifugio, un'opportunità di fuga. Indossando il kit del team Canyon/SRAM e gli occhiali Oakley sfumati, Niewiadoma diventa semplicemente una ciclista. In quel momento, non ci sono pressioni dai media, né messaggi a cui rispondere, né l'obbligo di incarnare l'immagine della "ragazza polacca dal cuore gentile". Tutto diventa più semplice. Il suo unico compito è quello di vincere.
È forse per questo che l'atleta che abbiamo visto attaccare le sue rivali e ha lottato fino alla vetta dell'Alpe d'Huez nell'ultima tappa del Tour de France Femmes quest'estate appare come una Kasia Niewiadoma completamente diversa da quella che siede di fronte a me. La ventinovenne riconosce chiaramente la necessità di distaccarsi dalla persona che è al di fuori della bicicletta, soprattutto quando è sotto pressione durante i grandi eventi. “Quando indossavo la maglia gialla, cercavo di mantenere una posizione completamente neutrale. Ho voluto evitare di farmi influenzare dai discorsi, dai media e dai commenti, concentrandomi esclusivamente sul mio obiettivo”, racconta Niewiadoma. “Non volevo guardare le interviste né leggere nulla. Più ignoro quello che succede fuori e ciò che la gente dice di me, meglio è”.
Questi due stati d'animo che Niewiadoma vive non sono mai stati così evidenti come nel Tour di quest'anno. Ha affrontato critiche dopo la drammatica quinta tappa, durante la quale Demi Vollering della SD Worx-Protime, leader della corsa e campionessa in carica, è caduta negli ultimi dieci chilometri. Mentre l'olandese lottava per ripartire, Niewiadoma e il team Canyon/SRAM si trovavano in testa al gruppo, in corsa per la vittoria di tappa. Alla fine, Niewiadoma si è piazzata al secondo posto, dietro alla compagna di squadra di Vollering, Blanka Vas, mentre Vollering ha perso quasi due minuti nella classifica generale. Grazie alla sua costanza nelle quattro tappe precedenti, Niewiadoma si è ritrovata a indossare la maglia gialla a tre giorni dalla fine della competizione.
“Mi sembrava che tutti dicessero che non avevamo rispettato la maglia gialla perché non abbiamo aspettato Vollering. Ma noi abbiamo semplicemente gareggiato. Negli ultimi dieci chilometri le cadute possono capitare”, spiega Niewiadoma. “È curioso che la gente si dimentichi di certe dinamiche; nella prima edizione del Tour del 2022, Annemiek van Vleuten ha dovuto cambiare bicicletta nell'ultima tappa e la SD Worx ha spinto per vincere. Van Vleuten è riuscita a rientrare nel gruppo, ha attaccato e ha vinto, ma nessuno ricorda che fu la SD Worx ad accelerare. Se avesse perso, ne avrebbero parlato molto di più. Credo che quello che è successo con Vollering al Tour di quest'anno sia stato, in un certo senso, una forma di karma”.
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