Nonostante una stagione 2022 funestata dagli infortuni, Julian Alaphilippe rimane uno dei professionisti più rispettati e temuti in circolazione. Trentenne ciclista esplosivo, Julian è in grado di ribaltare una corsa in qualsiasi momento e le sue accelerazioni irresistibili sono state la chiave di entrambi i suoi titoli di Campione del Mondo nel 2020 e nel 2021.
Giunto al suo decimo anno nel WorldTour, Alaphilippe può essere considerato un professionista ormai veterano, anche se per molti aspetti rimane quel ragazzino cresciuto nella Francia rurale che si è innamorato del ciclismo. Quando Julian Alaphilippe è in bicicletta, si diverte. È un tutt'uno con il suo mezzo e ha l'incredibile capacità di far sembrare facile qualsiasi manovra.
Julian, ti fotografo fin dal Tour de l'Avenir del 2013, quando ancora non eri professionista. Te l'ho già detto altre volte, ti considero uno dei corridori più fotogenici che conosca. Sembra che tu in sella abbia sempre la posizione giusta, il colpo di pedale giusto, l’atteggiamento giusto. Sembra che tu sia un tutt’uno con la tua bicicletta. Visivamente parlando, sei il ciclista dei ciclisti.
Sì, è vero, anche io ho l'impressione di essere un tutt'uno con la mia bicicletta. La bicicletta è il mio strumento di lavoro ed è anche l'arma con cui attacco o con cui mi difendo. La bicicletta è una vera e propria estensione di me stesso. Detto questo, non mi considero una persona particolarmente elegante in bicicletta, non è quello dell’eleganza il mio obiettivo, in ogni caso. Ciò che conta per me quando sono in sella è essere efficiente e a mio agio. Alcuni corridori come Tom Dumoulin, sono davvero eleganti in bicicletta ma io non mi sono mai considerato uno di quei corridori.
Visto da fuori sembri sempre naturalmente a tuo agio
Quando mi sento bene forse si nota anche da fuori, ma probabilmente anche quando non mi sento bene. Il modo in cui sono in sella mostra davvero come mi sento in quel momento.
Sembra che tu ti diverta molto quando pedali. In questo sei un po' come Peter Sagan, la bici sembra ancora essere una specie di giocattolo per te, un modo per divertirsi…
Per certi versi è proprio così! Non dovremmo mai dimenticare che il ciclismo è un gioco, la bicicletta è uno strumento per sentirsi liberi e giocare, viaggiare, divertirsi. La bicicletta è la mia passione, è la mia attività quotidiana e il mio lavoro, ma è pur sempre un gioco. Anche in una gara ciclistica, quando si attacca o si cerca di liberarsi degli avversari, beh, è un gioco. Certo, il ciclismo è uno sport duro e ci sono molti momenti difficili ma per me resta fondamentalmente un divertimento.
È difficile pensare che sei professionista già da quasi dieci anni. Ha visto lo sport cambiare molto, in questi anni? Tu sei cambiato?
Nei primi anni da professionista il mio allenamento era molto intuitivo. Scrivevo ancora tutti i miei allenamenti a penna su un quadernetto, perché quella è la cosa che mi avevano insegnato a fare da ragazzino. Il ciclismo è cambiato molto da quando sono diventato professionista, tutto è diventato molto più professionale e organizzato. Si vedono corridori che già a 18 anni tengono sotto controllo il peso e si allenano con il powermeter, è una cosa che io ho cominciato a fare molto più tardi, agli inizi correvo molto ascoltandomi. Capisco però che nello sport bisogna evolversi, per rimanere competitivi. Detto questo, per me è sempre stato importante mantenere un certo senso di semplicità e di istintività nel ciclismo, il piacere e il divertimento nell’andare in bicicletta sono tutto. In fin dei conti il ciclismo, è solo un gioco.