Chissà come ha passato la sua giornata di riposo al Giro d’Italia Brandon McNulty, dopo la vittoria dell’altro ieri a Bergamo? Ci era già andato vicino lo scorso anno al Tour, a una vittoria di tappa in un grande giro. Statunitense di Phoenix in Arizona, venticinque anni, da quattro anni corre in una squadra WorldTour con la UAE - Team Emirates. Nelle prime stagioni da professionista ha collezionato una serie di risultati promettenti battagliando ad armi pari con tutti i migliori atleti della sua generazione, ma già dallo scorso anno corre al servizio di qualcun altro, Tadej Pogaçar nello specifico.
Quest’anno è al Giro d’Italia per aiutare João Almeida ma anche per giocare le sue carte in qualche giornata speciale di libera uscita, ed è quello che è successo l’altro ieri. Partito in una fuga di 18 corridori che aveva ottime possibilità di arrivare al traguardo, in un finale concitato a tre si è preso una vittoria che non era scontata. “Healy sulla Roncola mi aveva prima ripreso e poi staccato, e lì avevo pensato di non rivederlo più fino al traguardo. Poi invece sono riuscito a ri-agganciarlo e nella salita verso Bergamo Alta sono riuscito a tenergli la ruota. Frigo è rientrato su di noi nel momento perfetto per me e mi ha lanciato la volata. L’arrivo in lieve discesa mi favoriva. Più che di forza, in questo caso ho giocato di tattica».
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Il ciclismo è uno sport in cui non si fanno più regali. Lo sa bene McNulty, lui che una tappa l’aveva già quasi vinta al Tour del 2022. Era il finale della 17esima frazione, la Saint Gaudens – Peyragudes. C’era stato un primo allungo sulla Hourquette d'Ancizan e poi un altro all'inizio della salita di Val Louron. Il piano gara della UAE Team Emirates prevedeva che lui pedalasse per 15 minuti a tutto gas. Appena cominciato a spingere però, i corridori avevano cominciato a staccarsi a uno a uno come pere mature che cadono da un albero. “Era uno di quei giorni che capitano una o due volte all’anno in cui non senti la catena”, aveva spiegato. Lo avevano chiamato dall’ammiraglia per dirgli di andare avanti senza accelerare. “Per quel motivo, perché andavo più piano di quanto potevo spingere, ero riuscito a tenere molto più a lungo del previsto”.
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Era andata a finire che erano arrivati al traguardo in tre: lui, Jonas Vingegaard e Tadej Pogaçar. “A 4 km dall'arrivo avevo capito che Vingegaard e Tadej avevano rinunciato a battagliare tra loro, il distacco sugli inseguitori in classifica generale era aumentato e poteva bastare così“. Quindi si era immaginato di poter vincere la tappa, perché no? Le cose però erano andate a finire in un modo diverso.
Jonas Vingegaard già al triangolo rosso dell’ultimo chilometro era scalato diligentemente in seconda posizione, a quel punto la decisione sull’epilogo della corsa non spettava più a lui. Era chiaro che sarebbe scattato solo se Pogačar fosse scattato. O forse no - nessuno potrà mai avere la controprova, ma senz’altro la seconda posizione era quella corretta per la maglia gialla, quella giusta per controllare e per difendersi invece che per attaccare.
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La vittoria di McNulty però sarebbe costata a Tadeji Pogačar 2” in classifica generale invece che fargliene guadagnare 4". A quel punto era stato Pogačar a dover decidere – o più probabilmente qualcuno in ammiraglia – e così era scattato. Jonas Vingegaard a quel punto non aveva altra scelta che andargli dietro.
Il povero Brandon McNulty che aveva fatto tutta la salita davanti, era rimasto lì. Sembrava fermo. Gli erano scattati davanti al naso a 300 metri dall’arrivo ed era arrivato terzo. Dopo il traguardo aveva un’ espressione tristissima. Quello era stato un giorno in cui, una volta ancora, ci eravamo resi conto che il ciclismo di un tempo, quello in cui al compagno-gregario-lavoratore si concedeva una vittoria che può valere una carriera, è definitivamente finito.
“Sono sacrifici che bisogna accettare”, aveva spiegato McNulty. “Serve un enorme lavoro di squadra per far vincere un grande giro a un capitano, certe volte non c’è spazio per le ambizioni personali”. A Bergamo invece, c’è stato. “La vittoria di tappa era uno degli obiettivi miei e della squadra, ora possiamo concentrarci sull’aiutare João Almeida per la classifica generale”.
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Oggi il Giro d’Italia riparte per l’ultima parte di gara, la fatidica, attesissima, terza settimana. Al posto della pioggia e del freddo sta forse per arrivare il gran caldo, con cui bisognerà fare i conti. Sarà il momento in cui tutti i nodi verranno al pettine e tutti i big dovranno giocare a carte scoperte. Si comincia con il Monte Bondone, teatro in passato di sfaceli di classifica.
Finalmente, si balla.