Il Novecento aveva il culto dello specialista. Uomini e donne che, dopo migliaia di ore di studi o di impegno lavorativo, sapevano moltissimo di una cosa. Quasi tutti noi siamo cresciuti così: i nostri professori della scuola o dell’università, il nostro medico, l’allenatore della squadra, i corridori, perfino il barista all’angolo erano persone così, estremamente competenti e performanti, ma quasi soltanto nel loro stretto ambito.
L’intelligenza e il talento dei nostri anni e degli anni a venire è qualcosa di totalmente diverso. Dato che ciascuno di noi comprende di avere a che fare con una realtà molto fluida e complessa, in continuo cambiamento, il sapere e le qualità specifiche sono diventate soltanto un presupposto. Una linea di partenza. La logica privilegia un altro tipo di sapere e di talento, quello collegato alla polivalenza e alla versatilità. Gli uomini e le donne di successo di oggi - in ogni settore e anche nel ciclismo, dove assistiamo alla comparsa di atleti iper-versatili capaci di primeggiare in ogni tipo di competizione, o alla nascita di straordinarie biciclette a loro agio sia in strada che fuori - sono soprattutto polivalenti.
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Un tempo credevamo che il futuro avrebbe avuto a che fare con l’estrema specializzazione. Invece ora sappiamo che il futuro ha a che fare con la estrema polivalenza.
Quello che serve agli uomini e alle donne di oggi, soprattutto, è saper far funzionare insieme competenze diverse, la pandemia ce l’ha insegnato. Non si potevano lasciare i medici da soli a dettare la linea per rispondere a un’emergenza globale come quella del Covid19. Per uscire fuori dalla pandemia hanno dovuto lavorare in team medici, esperti di statistica, matematici, ingegneri, esperti di programmazione della produzione, psicologi e forse anche giullari, intrattenitori e anchorman della tv. Tutti per fare bene il proprio mestiere hanno dovuto imparare a fare qualcosa di più.
Migliorare, questa è la parola chiave. Se vogliamo che il genere umano sopravviva a se stesso, dobbiamo riuscire a fare meglio di così.
Dobbiamo migliorare noi, il mondo in cui viviamo, la qualità delle nostre vite, i sistemi con cui arriviamo a produrre soluzioni nuove, idee nuove, mondi nuovi. In questo numero abbiamo lavorato con una sola idea in testa: che cosa significa migliorare?
Il ciclismo in fin dei conti è soltanto la lente d'ingrandimento attraverso cui guardiamo il mondo. Se vi aspettavate una rivista in cui si parla di watt, dell’ultimo modello di ruote in carbonio o del dilemma tra vernice lucida e vernice opaca sulla nuova bici che state per comprare, beh, leggendo le prossime pagina troverete qualcosa di diverso. Qualcosa di più e di meglio, almeno speriamo.