12 DOMANDE PER GERAINT THOMAS

12 DOMANDE PER GERAINT THOMAS

Vincitore del Tour de France 2018 e terzo classificato nel 2022, Geraint ha recentemente annunciato il suo ritorno al Giro d'Italia 2023. 


Intervista di Rachel Jary

Fotografie di Ineos Grenadiers

Qual è il regalo più bello che hai mai ricevuto?

Io e Ed Clancy dicevamo sempre che se avessimo vinto le Olimpiadi di Londra, avremmo comprato una Porsche. Io la volevo davvero una 911 Turbo, però non mi sono mai messo in ballo per comprarne una. Per il mio trentesimo compleanno mia moglie ha parlato con Ed - che di auto se ne intende - e hanno trovato l'auto per me, in Svizzera. L’hanno comprata a Zurigo e l’hanno portata a casa nostra a Monaco. Io ero in ritiro a Tenerife, sono arrivato a casa e mia moglie ha detto che dovevo scendere in garage a spostare lo scooter. Ero stanco per gli allenamenti  e per il viaggio, non avevo voglia di scendere in garage: “Ok, lo farò domani". Lei insisteva: "No, no, devi farlo adesso". Non ne avevo voglia. Comunque alla fine sono sceso e c'era questa 911 Turbo nel nostro posto auto, il che è stato allucinante. L'unico problema ora, è che lei dice sempre che io con i miei regali non mi sono mai nemmeno lontanamente avvicinato ai suoi. Ha ragione.

Se non fossi un ciclista professionista, cosa saresti?

Sono sempre stato appassionato di fisiologia e biologia, di come funziona il corpo umano. Mi sono iscritto a un corso di scienze dello sport all'università, ma solo per far felice mia madre. Ho sempre pensato di diventare un ciclista professionista. Magari, se non fossi riuscito con il ciclismo, avrei provato con qualcos’altro ma sicuramente avrei voluto essere coinvolto in qualche modo nello sport professionistico. 

Chi è il tuo eroe sportivo?

A scuola tutti i miei compagni erano tifosi dello United, io invece sono diventato un tifoso dell'Arsenal nell’anno in cui lottavano per il titolo. Amavo Thierry Henry, per me era un grande. Poi nel rugby adoravo Ieuan Evans, che negli anni '90 era un'ala del Galles. Nel ciclismo invece amavo Jan Ullrich. Ho sempre amato Jan, era lo sfavorito, perdeva sempre contro Armstrong. Credo sia una caratteristica britannica, tifare per gli sfavoriti. Ho sempre ammirato Brad Wiggins e Nicole Cooke, anche perché erano appena poco più grandi di me. Nicole viveva in fondo alla strada e vinceva titoli mondiali uno dietro l’altro, il che rendeva tutto molto più reale. Quindi forse direi che Nicole, era il mio vero idolo.

Qual è il ricordo d'infanzia che ti rimarrà sempre impresso?

Quando ero bambino, ricordo una gara della Maindy Mini League, una corsa promozionale all’esterno del velodromo. Ero così nervoso che prima della partenza ho vomitato la pizza che avevo mangiato a pranzo. Ero sempre abbastanza nervoso ma per qualche motivo quel giorno, ero super-teso. Non so perché. È piuttosto buffo ripensarci adesso, essere così nervosi per una una gara di bambini. Ora quando vado al Tour sono ovviamente un po' ansioso, ma niente del genere.

Ti sei mai messo nei guai, da bambino?

Mi sono sempre comportato bene, con i miei amici facevamo piccole birichinate ma non ci hanno mai beccato. Eravamo abbastanza furbi.

Qual è una cosa che non ti piace del ciclismo?

Mi piace tutta l'innovazione e il progresso della tecnologia e dei metodi di allenamento e di nutrizione, ma sembra che stia diventando tutto sempre più controllato e guidato dai dati. Tutto nel ciclismo di oggi viene misurato e calcolato. In pista era già così e ora sta succedendo anche sulla strada, non solo per quanto riguarda l'allenamento, per tutto: monitoraggio del sonno, delle calorie, della potenza, del glucosio, qualsiasi cosa. Fa parte dello sport ma è una cosa che non mi piace molto. Io sono un po' più della vecchia scuola, vado in bici e cerco di pedalare più forte che posso.

Qual è una tua strana abitudine?

Io parlo nel sonno. A volte dico cose a caso, cose strane e pazzesche. Mia moglie riesce a capire quello che dico. Posso anche stare seduto nel letto e fare una mezza conversazione con lei,  ma al mattino non mi ricordo di niente.

Cosa c'è nella tua lista dei desideri?

Voglio fare un Ironman. Poi c’è anche una cosa chiamata Dragon Back Race. È una trail podistico che va dal nord del Galles fino al sud. Nel mio podcast ho intervistato Lowri Morgan, che è una atleta che fa queste ultramaratone, stavamo parlando con lei della Dragon Back e ho pensato: "Wow, mi piacerebbe provarla". Mi piacerebbe anche vedere il Sud America, come la Colombia e l'Argentina. Mi piacerebbe andare in quei posti per vedere qualcosa di completamente diverso.

Qual è il tuo posto preferito per andare in bicicletta?

Tornare a casa, in Galles, è sempre bello, perché ormai è così raro che io ci possa stare. A parte questo, penso all'Italia. La Toscana, dove sono stato per qualche anno, è molto bella. In estate è piuttosto incasinata, ma quando c’è meno gente, è davvero bella.

Se potessi viaggiare indietro nel tempo con una macchina del tempo, dove vorresti tornare?

2018. Rivivere quell'anno sarebbe davvero bello. Ci sono stati molti successi in bicicletta in vita mia e mi sono divertito molto anche dopo ma il Tour di quell'anno è stata la gara che mi è piaciuta di più e anche la più tranquilla, il che sembra assurdo quando lotti per vincere la corsa ciclistica più importante del mondo. Per qualche motivo che non conosco riuscivo ad assorbire il tutto ed ero davvero rilassato. Dopo, ci siamo davvero divertiti. Io, mia moglie e Luke [Rowe]. Era sicuramente presente a molte delle feste. Sono stati sei mesi bellissimi perché ci sono stati molti alti e bassi durante il percorso per vincere quel Tour. Da allora,  sportivamente parlando, sono state più le cose che sono andate male che quelle che sono andate bene, quindi sono contento che ci siamo divertiti in quel momento.

 Hai mai chiesto un autografo a qualcuno?

Sì, a un sacco di gente. Quando ero bambino, c'era il Grand Prix di Cardiff, dove tutti i ragazzi della GB endurance e i velocisti venivano a fare una grande gara sulla pista all'aperto di Maindy. Andavo in giro a chiedere autografi a tutti quelli che potevo: Rob Hayles, Chris Hoy, tutti. Più di recente, non si tratta di un autografo, ma nel 2018 ero a Los Angeles e ho visto Fat Joe, il rapper. Era lì davanti a me e ho detto a mia moglie: "Devo chiedergli una foto". Era tutto per me quando ero bambino, lo ascoltavo sempre. Lei mi ha detto: "Vai a chiedergli una foto"e sono andato. Ero così nervoso. Mi sono avvicinato e ho chiesto se potevamo farci una foto: lui è rimasto lì con la faccia seria. Abbiamo scattato un selfie e poi se ne è andato.

Qual è la lezione di vita più importante che hai ricevuto?

Quando ho partecipato ai Mondiali di Bordeaux nel 2006, era il mio primo campionato del mondo senior. Avevo parlato con Chris Boardman e mi aveva detto che quando era all'apice della sua carriera e cercava di vincere la maglia gialla, i prologhi e tutto quello che vinceva, si scriveva sulla mano: "Fanculo". Questa frase mi è rimasta impressa. Da allora ho pensato: "Fanculo, qual è la cosa peggiore che ti può succedere? Vai là fuori e giocati le tue carte. Ho sempre avuto questa mentalità, non c’è niente da perdere, me lo diceva sempre anche mio padre. Quando Chris mi aveva detto della scritta sulla mano, mi era rimasto impresso.

 


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